Cybersicurezza su misura: perché lo standard non basta più

La cybersicurezza si gioca spesso nei dettagli: un aggiornamento critico che tarda ad arrivare, una funzionalità utile ma mal configurata, una vulnerabilità non ancora risolta; possono spalancare le porte a minacce concrete e colpire migliaia di sistemi.

La questione, spesso, non è l’affidabilità delle tecnologie impiegate, ma la loro scala: in un contesto dove la superficie d’attacco si espande ogni giorno, la sicurezza informatica non può più essere un servizio indistinto, replicato in modo identico per milioni di clienti.

Le grandi piattaforme offrono soluzioni pensate per l’uniformità, progettate per essere stabili, ripetibili, automatizzate. Ma proprio per questo, spesso mancano di quella capacità di adattamento, di intervento tempestivo e di comprensione profonda del contesto operativo che solo una gestione personalizzata può garantire.

Nel settore IT – e ancor più in quello della sicurezza – la differenza non la fa solo la tecnologia: la fa la relazione con il cliente. Per questo sempre più aziende, in particolare PMI ed enti pubblici, si stanno affidando a partner in grado di offrire non solo competenza tecnica, ma anche prossimità, flessibilità e intervento umano. Non una cybersicurezza generica, ma un approccio più attento, che conosce davvero infrastrutture, processi e punti deboli di chi deve proteggere.

Modelli a confronto

Il modo in cui viene erogato il servizio è spesso tanto importante quanto la tecnologia impiegata. Da un lato, ci sono i grandi fornitori globali, che offrono piattaforme robuste, scalabili e automatizzate. Un modello pensato per gestire milioni di utenti in contemporanea, con processi industrializzati, aggiornamenti centralizzati e una logica di servizio standard.

Dall’altro, ci sono realtà più agili e vicine ai clienti, che operano su scala ridotta ma con una conoscenza approfondita dei contesti specifici. In questo modello, la cybersicurezza non è un pacchetto predefinito, ma un insieme di azioni e strumenti costruiti su misura, capaci di adattarsi alle reali esigenze dell’organizzazione.

Il primo approccio punta su efficienza e replicabilità. Il secondo su rapidità, prossimità e comprensione del rischio reale. Entrambi hanno valore, ma le differenze emergono con forza quando si verificano situazioni critiche: vulnerabilità improvvise, comportamenti anomali, necessità di intervento immediato. In quei momenti, avere a disposizione un interlocutore tecnico che conosce la tua infrastruttura e può intervenire senza attendere il rilascio ufficiale di una patch fa una differenza enorme.

E non si tratta solo di tempistiche. Si tratta di responsabilità, comunicazione e controllo: aspetti che nel modello personalizzato restano in mano al cliente e al suo partner di fiducia, e non vengono delegati a un flusso automatizzato, per quanto efficiente.

Vulnerabilità amplificata

Nel 2021, una serie di vulnerabilità zero-day nei server Microsoft Exchange è stata sfruttata da un gruppo di cyber-spionaggio noto come Hafnium, collegato – secondo le autorità statunitensi – all’intelligence cinese. L’episodio ha avuto un impatto globale: migliaia di aziende, enti pubblici e istituzioni accademiche sono state colpite da una campagna di attacchi su larga scala.

La vicenda è tornata alla ribalta nel luglio 2025, con un arresto all’aeroporto di Malpensa, relativo a uno dei presunti membri del gruppo responsabile. Secondo fonti internazionali come Reuters e Financial Times, l’operazione avrebbe coinvolto anche strutture impegnate nella ricerca sui vaccini COVID‑19, con obiettivi di esfiltrazione dati e accessi non autorizzati alle infrastrutture IT.

Va sottolineato che nel 2021 Microsoft ha reagito rilasciando aggiornamenti di sicurezza e strumenti di mitigazione. Tuttavia, la vastità della base installata, unita alla necessità di coordinare patch e aggiornamenti su ambienti eterogenei, ha fatto sì che molte organizzazioni non potessero intervenire con la tempestività necessaria. In alcuni casi, le patch sono arrivate quando il danno era già stato compiuto.

Questo caso non dimostra una debolezza strutturale della piattaforma, ma evidenzia un aspetto critico nei modelli altamente centralizzati: quando qualcosa va storto, l’impatto può essere amplificato in modo esponenziale. E nei momenti di emergenza, disporre di un partner tecnico vicino, che conosce l’infrastruttura e può agire immediatamente, può fare la differenza tra contenere un attacco o subirne le conseguenze.

Phishing e bug invisibili

Non servono attacchi sofisticati per mettere a rischio un’infrastruttura: spesso è sufficiente una funzionalità poco conosciuta o un componente apparentemente innocuo, usato in modo improprio. È quanto emerso da due episodi recenti che hanno coinvolto piattaforme largamente diffuse come Microsoft 365 e Google Chrome.

Nel primo caso, analizzato da Varonis e documentato anche da testate come Cybersecurity360, una campagna di phishing ha sfruttato la funzione Direct Send di Microsoft 365, originariamente pensata per dispositivi come stampanti e scanner. Questa modalità consente l’invio di email a utenti interni senza autenticazione, purché all’interno dello stesso tenant. Un’opzione tecnica utile, ma che, se non monitorata e configurata correttamente, può diventare un canale per messaggi fraudolenti. In questa campagna, oltre 70 organizzazioni sono state colpite: gli attaccanti inviavano email apparentemente legittime contenenti QR code malevoli che conducevano a siti di phishing.

Nel secondo caso, una vulnerabilità zero-day (CVE‑2025‑2783) in Google Chrome ha permesso a un gruppo criminale di installare una backdoor su sistemi compromessi, sfruttando un semplice link malevolo inviato via email. Una volta eseguito l’exploit, il malware era in grado di raccogliere dati, registrare le attività dell’utente e comunicare con server di comando esterni. Google ha corretto il problema con una patch d’emergenza, ma solo dopo che diversi attacchi erano già stati portati a termine.

Entrambe le vicende mostrano un elemento comune: la vulnerabilità non è solo tecnica, ma gestionale. La sicurezza non dipende solo dal software, ma anche dalla capacità di rilevare rapidamente comportamenti anomali, interpretare segnali deboli e agire con tempestività. In questi scenari, un partner tecnico vicino, che conosce la rete del cliente e sa riconoscere gli indicatori di compromissione in tempo reale, può bloccare la minaccia prima che si trasformi in danno.

Il valore della sicurezza su misura

Nei casi analizzati anche le infrastrutture più diffuse e consolidate possono diventare punti di vulnerabilità. E, quando si verifica una falla critica, non è solo la tecnologia a fare la differenza, ma la capacità di rispondere rapidamente, in modo mirato, e con una comprensione profonda del contesto specifico.

È qui che emerge il valore di un modello di cybersicurezza più vicino, flessibile e costruito su misura. Un modello dove il fornitore non è un’entità distante, ma un partner che conosce davvero la rete del cliente, che può intervenire senza attendere l’arrivo di una patch globale, e che adatta gli strumenti alle reali esigenze di protezione.

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  • la personalizzazione del servizio
  • la rapidità d’intervento
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In un’epoca in cui la sicurezza non può più permettersi tempi morti né soluzioni “taglia unica”, il vantaggio competitivo sta nel poter contare su un partner capace di intervenire quando serve, dove serve, con strumenti e azioni rapide.
Perché la vera cybersicurezza non è solo questione di tecnologia: è una questione di relazione, responsabilità e attenzione continua.

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